In ogni banco di lavoro sia per hobby che per applicazioni professionali è sempre presente un tester per misure di tensioni e correnti. Oramai i tester analogici sono stati quasi completamente sostituiti dai tester digitali. In questo Tutorial si illustrerà come utilizzare al meglio un multimetro digitale, affrontando oltre alla mera impostazione dello strumento, le problematiche associate ad una misura, mostrando come per ognuna di esse non basti impostare correttamente lo strumento ma sia necessario capire il sistema in cui bisogna operare e di come lo strumento possa influenzare la misura stessa.
Cos'è una misura
Misurare significa confrontare una grandezza non nota con una nota presa come riferimento. Il riferimento e la grandezza da misurare devono essere tra loro omogenee.
Misurare significa dunque determinare il rapporto ovvero il numero di volte che il campione di riferimento entra nell'oggetto da misurare. Se per esempio si vuole sapere la lunghezza di un tavolo quello che si fa è di controllare quante volte il centimetro o metro entra nella lunghezza del nostro tavolo. Nel dire che il tavolo sia lungo 230cm, equivale a dire che il nostro campione di lunghezza 1cm entra 230 volte sulla lunghezza del nostro tavolo. In maniera analoga parlare di area del tavolo equivale a vedere quante volte il nostro campione di superficie entra sulla superficie del tavolo. Quanto detto si estende ad una qualsivoglia misura sia essa una lunghezza, area, tempo o altro.
Il processo di misura al fine di aver senso deve essere tale da poter essere riproducibile e di non alterare la grandezza sotto misura; questi due aspetti se pur apparentemente banali sono fondamentali.
Al fine di garantire che una misura sia riproducibile è necessario che lo sia almeno il nostro campione. Si pensi ad esempio di voler fare una misura di lunghezza con uno spago, ed una volta fatta la misura di bruciare lo stesso. A questo punto dire che il nostro tavolo è lungo 3 spaghi non ha assolutamente senso visto che noi come anche altri non possono utilizzare tale misura. In particolare non si ha modo di trasmettere un risultato e di poter convertire una unità in un'altra. Avere un campione ben definito e riproducibile è particolarmente importante e diverse nazioni spendono milioni di euro ogni anno al fine di garantire che i loro campioni di misura siano mantenuti inalterati.
Come detto una misura oltre ad essere riproducibile, al fine di aver senso non deve alterare la grandezza sotto misura. Questo significa che la presenza del nostro strumento assieme alle sonde necessarie per la misura non deve alterare la grandezza fisica sotto misura. Si pensi per esempio di voler misurare la temperatura di uno spillo per camicie facendo uso di un termometro per la febbre. Il termometro per la febbre è talmente più grande dello spillo per cui lo quest'ultimo si raffredderà, alterando la temperatura che volevamo leggere. Si capisce dunque che in base alla misura e al particolare sistema è necessario utilizzare un approccio tale da non alterare il sistema sotto misura. In altre parole un setup di misura (strumentazione) utilizzato per la misura di una determinata grandezza da un sistema (es. bambino con la febbre) non necessariamente può essere utilizzato per la misura della stessa grandezza in un altro sistema (es. misura della temperatura dello spillo) pur essendo la grandezza da misurare la stessa.
Misura della tensione
Dopo aver parlato in generale di cosa sia una misura, vediamo cosa significa misurare una tensione. Misurare una tensione equivale ad una misura di una differenza di potenziale, ovvero equivale a misurare il potenziale su due diversi punti e farne la differenza. Per tale ragione misurare la tensione coinvolge sempre l'utilizzo di due terminali che andranno appunto collegati sui due punti sui quali si vuole effettuare la misura di tensione (potenziale).
Da un punto di vista fisico un potenziale o meglio potenziale elettrico si viene a generare quando è presente un campo di forze associato ad un campo elettrico (per esempio una batteria). È bene parlare di potenziale elettrico poiché in natura si possono avere molti tipi di campi vettoriali, si pensi per esempio al campo gravitazionale.
La misura di una tensione si effettua per mezzo di un voltmetro. La caratteristica di un voltmetro deve essere quella di avere una impedenza in ingresso infinita ovvero di non sottrarre corrente dal circuito sotto misura. In Figura 1 è riportato un esempio di misura ideale di una tensione ai capi di un resistore collegato con un altro resistore in configurazione partitore di tensione. Si osservi che il voltmetro è collegato in parallelo alla sorgente di tensione da misurare, ovvero R1.
Figura 1: Esempio di misura di una tensione (voltmetro Ideale).
La tensione che viene misurata dal voltmetro ideale, non circolando alcuna corrente al suo interno è pari a V = Vbat · R1/(R1 + R2) (per maggiori dettagli sul partitore di tensione si faccia riferimento al Tutorial “Leggi ed applicazioni fondamentali dell'elettrotecnica”) . Adesso supponiamo che il nostro voltmetro sia reale (e questo sarà sempre il caso), ovvero non abbia una resistenza infinita e assorba dal circuito sotto misura una corrente Iv. In Figura 2 è riportato il caso in cui il nostro voltmetro abbia una resistenza d'inserzione non infinita pari a Rv.
Figura 2: Esempio di misura di una tensione (voltmetro Reale).
In questo caso la tensione su R1 non è più pari a quella di prima, ovvero quella a cui eravamo effettivamente interessati, ma pari a V = Vbat · Rp/( Rp + R2) , dove Rp è pari alla resistenza parallelo tra R1 e Rv, ovvero Rp = (R1 · Rv) / (R1 + Rv). Dal momento che la resistenza in parallelo tra due resistori è sempre più bassa del valore più piccolo tra i due resistori, significa che la nostra resistenza Rp è in generale più bassa di R1 (si è supposto che Rv sia maggiore di R1), dunque la tensione misurata è inferiore a quella a cui eravamo realmente interessati.
In questo caso quello che si viene ad avere è un cosi detto errore di inserzione dello strumento. Se si conosce Rv è possibile in realtà compensare questo errore e risalire alla tensione “reale”.
Naturalmente per correggere questo errore è necessario sapere che si è verificato. L'errore che si viene a creare può in generare essere trascurato qualora la resistenza del voltmetro Rv sia molto maggiore di R1 ovvero dell'impedenza della sorgente di tensione sulla quale effettuare la misura. Il trascurare o meno un errore dipende però dall'applicazione e l'accuratezza che si vuole raggiungere, dunque bisogna sempre verificare che l'errore d'inserzione sia inferiore a quello che ci è concesso commettere. Detto questo vi sarete resi conto che la misura di tensione potrebbe non essere facile come si pensava. Nel nostro caso si è preso in considerazione una situazione semplice, in applicazioni in cui bisogna essere molto accurati bisogna prendere in considerazione molte più variabili.
Misura della corrente
Prima di vedere come effettuare una misura di corrente è bene ricordare cosa sia una corrente. Si definisce corrente elettrica un flusso ordinato di cariche elettriche siano esse elettroni o ioni. Il flusso deve essere ordinato poiché le cariche elettriche come tutte le particelle in genere, sono sempre in continuo movimento (cosa non vera allo zero assoluto -273.15 °C). Ciononostante il loro movimento disordinato non dà origine ad una corrente elettrica vista la casualità del movimento. Un flusso di cariche elettriche può essere ordinato applicando un campo elettrico, per esempio per mezzo di una batteria.
A questo punto avendo definito la corrente come un flusso si capisce che misurare la corrente elettrica significa proprio misurare il flusso ordinato di cariche elettriche. Da questa breve spiegazione si comprende che per osservare il flusso di corrente un modo possibile è quello di tagliare, ovvero interrompere, il circuito e inserire il nostro strumento (amperometro) nel mezzo, come riportato in Figura 3.
Figura 3: Esempio di misura di una corrente.
In questo modo tutta la corrente che deve alimentare il nostro sistema alimentato dalla batteria, passerà per il nostro amperometro. Per il primo principio di Kirchhoff la corrente che uscirà dall'amperometro sarà la stessa che entra quindi apparentemente il nostro strumento non ha alterato il sistema. In realtà la corrente del nostro sistema è definita come I = Vbat / Rs (Rs resistenza del sistema pari ad R1 più la resistenza dello strumento RA), dunque inserendo il nostro amperometro si ha che non altera la corrente che vogliamo misurare solo se questo ha una resistenza nulla, dunque Rs rimanga pari ad R1. In caso contrario, e questo è il caso reale, la resistenza dell'amperometro forma con la resistenza del sistema un partitore di tensione, riducendo la tensione che va ad alimentare il sistema stesso. Questo si traduce in una diminuzione della corrente che alimenta il sistema.
Al fine di avere un errore basso, un amperometro, diversamente da un voltmetro deve avere la caratteristica di possedere una resistenza d'inserzione nulla, o meglio quanto più bassa possibile.
Anche in questo caso dal momento che per ragioni fisiche il nostro amperometro (a temperatura ambiente) avrà sempre una resistenza diversa da 0ohm, è necessario verificare che questa resistenza sia molto minore della resistenza del sistema sul quale bisogna effettuare la misura. Se per esempio il sistema ha una resistenza di 5ohm e il nostro amperometro ha una resistenza di 1ohm, questa potrebbe risultare troppo alta. Se il nostro sistema è modellizzabile per mezzo di una resistenza di 100Kohm, un amperometro con impedenza d'inserzione di 1ohm sarà più che ottimo. In realtà dire che uno strumento vada bene o meno dipende sempre dall'errore che si è disposti ad accettare, dunque anche il secondo esempio potrebbe necessitare di un amperometro migliore.
Anche in questo però, conoscendo le caratteristiche dello strumento di misura e quelle del sistema è possibile conoscere l'errore commesso e rimuoverlo. Ciononostante se la caduta di tensione sull'amperometro dovesse essere tale per cui il sistema non dovesse funzionare più correttamente compensare matematicamente l'errore d'inserzione ha poco significato visto che il sistema non funziona più e la corrente assorbita dallo stesso non ha più significato.
Detto questo è bene accennare al fatto che se è vero che il nostro amperometro deve essere collegato in serie al circuito questa non è la sola procedura utilizzabile. La corrente quando scorre in un filo elettrico genera infatti un campo magnetico o elettromagnetico a seconda che la tensione che alimenta il sistema sia continua (DC) o alternata (AC). La misura della corrente può essere fatta indirettamente per mezzo della misura dell'intensità del campo magnetico/elettromagnetico. Un modo per fare questa misura è quella di usare le cosiddette pinze amperometriche. Queste sono generalmente realizzate per mezzo di piccoli trasformatori (misure di corrente AC) o per mezzo di sensori Hall (misure di corrente AC e DC). Pinze amperometriche sono disponibili sia per un collegamento diretto con multimetri standard che per oscilloscopi.
Multimetro analogico e digitale
Capito cosa sia una misura di tensione e di corrente vediamo quali sono gli strumenti che è possibile avere al fine di misurare in pratica queste grandezze. Sebbene sia possibile trovare in commercio sistemi ad hoc per sole misure di tensione o di corrente, accenneremo ai sistemi che hanno la possibilità di misurare entrambe le grandezze, oltre che permettere altre misure. Tali strumenti sono chiamati multimetri o tester e possono fare le veci di voltmetro, amperometro, ohmetro e anche misurare grandezze come frequenza, capacità, hFE di un transistor o differenza di potenziale (d.d.p) ai capi di una giunzione PN. I multimetri sono disponibili sia in versione analogica (strumento a lancetta) che digitali.
Per entrambe le categorie si possono avere rispettivamente la versione da banco, normalmente più accurata ma anche più costosa, che la versione portatile. Come detto una delle caratteristiche del voltmetro è quella di dover avere delle impedenze in ingresso molto più alte di quella della sorgente di tensione sotto misura. Fino a quando sul mercato erano presenti i transistor BJT si è fatto uso di strumenti analogici i quali riuscivano ad ottenere impedenze in ingresso da qualche decina di Kohm a qualche centinaio di Kohm.
Con l'avvento dei transistor MOS e amplificatori operazionali, le impedenze caratteristiche dei sistemi sistemi elettronici sono, in alcuni punti, notevolmente aumentate, rendendo l'utilizzo di un multimetro analogico inadatto a causa della bassa impedenza d'inserzione (per cui è bene in generale preferire un multimetro digitale a quello analogico).
I multimetri digitali possono avere impedenze d'inserzione che vanno da un minimo di 1Mohm fino a raggiungere e superare il Gohm, garantendo d'influenzare il sistema molto meno di quanto non sia possibile con strumenti a lancetta.
Normalmente i multimetri digitali da 10Euro hanno impedenze di 1Mohm e possono andare più che bene per un hobbysta. I multimetri analogici da 10 Euro non hanno caratteristiche ottime come i loro fratelli digitali economici, e anche a scopo hobbystico potrebbero causare problemi in diversi sistemi di misura.
A questo punto avendo affermato che i multimetri digitali siano nati dopo i transistor BJT ovvero con la nascita dei MOS solo perché le impedenze che caratterizzano i circuiti a MOS sono più alte di quelle a transistor dovrebbe aver fatto sospettare qualcuno che quanto detto non doveva essere proprio la ragione. Infatti le valvole, che sono nate prima dei transistor hanno una caratteristica molto simile ai MOS presentando dunque le problematiche presentate dai MOS stessi.
La ragione per cui al tempo delle valvole non erano presenti i multimetri digitali ad alta impedenza è legata al tempo...non c'erano gli IC e l'elettronica digitale non era sviluppata come oggi. I convertitori Analogici digitali necessari per un multimetro non erano integrabili ed avevano risoluzioni relativamente basse (pochi bit). Dunque il vero problema che ha impedito l'utilizzo dei multimetri digitali è stato tecnologico. Solo intorno agli anni 70 si sono visti i primi multimetri digitali.
Figura 4: Esempio di multimetro digitale.
Per ottenere strumentazione analogica con ingresso ad alta impedenza è in generale necessario far uso di componenti attivi come per esempio transistor, MOS o valvole ma spesso un semplice partitore di tensione resistivo può risultare ancora sufficiente.
Funzionamento di un multimetro digitale
Scopo di questo paragrafo è quello di introdurre il funzionamento del multimetro digitale analizzandone il suo schema a blocchi. In Figura 5 è riportato un semplice schema funzionale in cui vine messa in evidenza solo la parte relativa a misure DC. Per le misure AC quello che viene fatto è utilizzare un ponte di Graetz (ponte a diodi) al fine di raddrizzare la grandezza d'interesse.
Figura 5: Schema a blocchi di un multimetro digitale.
Dallo schema a blocchi si può subito notare che lo strumento pur misurando tensioni, correnti e resistenze, possiede un solo ADC (Analog Digital Converter). Gli ADC sono componenti elettronici che permettono di convertire una grandezza analogica in una digitale, assegnando un valore numerico finito a quest'ultima. Anche se il multimetro può misurare diverse grandezze fisiche, i convertitori ADC possono misurare solo tensioni (si potrebbero fare anche ADC che misurano solo correnti, modificando lo stadio d'ingresso). Nel caso di misure di tensioni DC, avendo a che fare già con una tensione non è necessario convertire nulla.
L'unica cosa necessaria è quello di dividere la tensione in ingresso, ovvero selezionare la portata d'interesse. Normalmente questo viene fatto per mezzo di un partitore di tensione. Il buffer B1 (non necessariamente presente) può essere realizzato per mezzo di un FET o un amplificatore operazionale o da strumentazione, ed ha il compito di presentare lo strumento con un'elevata impedenza in ingresso. Il buffer B2 ha il compito di disaccoppiare il partitore di tensione dal convertitore ADC, ovvero presentando all'ADC una sorgente di tensione a bassa impedenza. Il segnale in uscita da B2 è collegato all'ADC. Il segnale dopo essere convertito dall'ADC può o meno essere elaborato da un microcontrollore che può per esempio visualizzare valori di picco, massimo, minimo, valore efficace o semplicemente effettuare un log della misura. Normalmente il microcontrollore ha anche il compito di pilotare il display sul quale viene visualizzata la misura della grandezza d'interesse.
Nel caso in cui si voglia misurare una corrente, la storia è praticamente identica, almeno per tutto quello che avviene dalla conversione del segnale analogico in digitale e la sua visualizzazione. Quello che cambia nella misura di una corrente è che si ha a che fare con una corrente e non una tensione, per cui è necessario effettuare una conversione corrente tensione. Questa conversione può essere fatta semplicemente per mezzo di un resistore, che come detto deve aver un valore più basso possibile visto che si troverà in serie con il carico.
La tensione che si viene ad avere sul resistore viene misurata dall'ADC. Il microcontrollore conoscendo il valore di RA potrà determinare il valore della corrente. Per poter selezionare la portata è possibile procedere in vari modi. Una possibile tecnica è quella di variare il guadagno dell'amplificatore differenziale (per maggiori informazioni si faccia riferimento al Tutorial “Amplificatori da strumentazione”) o dividere RA in due resistori creando un partitore di tensione. Dal momento che le resistenze in gioco sono molto basse la prima soluzione è preferita alla seconda. Frequentemente in serie al resistore è presente un fusibile al fine di proteggere il sistema da correnti eccessive.
Per la misura di resistenze quello che vine spesso fatto è generare una corrente di riferimento e farla circolare nel resistore sotto misura. La tensione che si viene ad avere ai capi del resistore viene misurata come una normale tensione. Il microcontrollore, conoscendo la corrente di riferimento e la tensione misurata può facilmente risalire alla resistenza.
La soluzione presentata in questo semplice schema a blocchi può essere semplificato facendo uso di soli resistori (come veniva fatto per i semplici strumenti analogici), ma al tempo stesso può essere complicato di molto qualora si vogliano avere precisioni inferiori al millesimo di volt.
Ci sono integrati commerciali che hanno praticamente lo schema a blocchi presentato, avendo in particolare l'ADC, il Controllore, il Driver LCD, per cui aggiungendo semplicemente un display e pochi resistori è possibile realizzare un semplice multimetro digitale. Tra gli integrati più noti si ricordano l'ICL7106, per display LCD e il fratello ICL7107, per display a 7 segmenti, entrambi prodotti dalla Intersil. Dal datasheet è possibile vedere come con pochi componenti esterni sia possibile ottenere un voltmetro, che come detto è il punto di partenza per ottenere tutte le altre funzioni.
Un'alternativa a questi integrati possono essere anche i microcontrollori visto che spesso integrano convertitori ADC ad alta risoluzione e possiedono un numero sufficiente di pin per il controllo di un display LCD oltre che pulsanti vari per il controllo dello strumento stesso.
Frequentemente la risoluzione dei multimetri digitali non viene presentata in termini di bit dell'ADC ma in termini di cifre dell'LCD, per esempio si possono avere multimetri da 3 digit e ½, ovvero 3 cifre intere e una che assume solo il valore 1 o 0, come anche a 4 e 5 digit. Per un valore superiore a 4 digit si ha normalmente a che fare con strumentazione da banco. Per verificare l'effettiva risoluzione dell'ADC bisogna sempre far riferimento al manuale, nel quale per ogni portata è normalmente scritta la precisione raggiungibile dallo strumento stesso.
Utilizzo del multimetro Digitale
Dopo aver visto in teoria come si presenta lo strumento, vediamo come si presenta in realtà un multimetro digitale (ovviamente sul mercato è possibile trovare multimetri di mille forme e colori). In Figura 6 è riportato un dettaglio dello strumento con relative funzioni. Il cursore per la scelta della portata è spesso uguale agli strumenti analogici, ma la posizione e funzioni disponibili dipendono dal modello specifico.
Figura 6: Funzioni di un multimetro Digitale con selettore di misura e portata rotatorio.
Come si è accennato un multimetro digitale possiede al suo interno un convertitore analogico digitale. Al fine di ottenere misure quanto più accurate possibili, indipendentemente dalla grandezza da misurare è bene selezionare la portata dello strumento, ovvero il range di misura, quanto più vicino a quella che ci si aspetta (rimanendo al valore più alto). Per esempio se volessimo leggere 5V potremmo farlo sia con la portata 200V che 20V ma quella da 20V ci permette di avere una maggiore accuratezza. Da un punto di vista meramente pratico vedremo che sull'LCD sarà presente la cifra decimale e questo ci dice che la misura che leggeremo sarà “migliore”.
La ragione per cui la misura è più accurata, anche se abbiamo più cifre significative, è legata al fatto che abbassando la portata al valore più prossimo a quello che andremo a misurare tenderemo ad utilizzare maggiormente la dinamica in ingresso del convertitore analogico digitale del nostro strumento, migliorando dunque il rapporto segnale rumore della misura (considerazioni analoghe sono valide anche per un oscilloscopio digitale).
Dopo questi cenni generali sulle misure elettriche ci si sarà forse resi conto che utilizzare un tester non deve essere considerata una banalità. Una misura al fine di essere accurata richiede considerazioni sul sistema da misurare e la conoscenza dei pregi e difetti dello strumento di misura che si sta utilizzando.
Ritornando alla Figura 6, si è visto che un multimetro digitale ha generalmente un commutatore per selezionare la tipologia della misura e la portata. Strumenti più costosi, pur avendo spesso un commutatore di selezione della grandezza da misurare non possiedono la selezione della portata, la quale viene automaticamente impostata al fine di migliorare il rapporto segnale rumore in ingresso della misura. Come detto questo consiste nell'abbassare la portata al valore più prossimo a quello da misurare. Alcuni modelli di multimetri analogici invece di avere un commutatore per la selezione della portata hanno posizioni differenti per il puntali stessi o una combinazione strana di pulsanti (vecchi modelli Fluke).
Indipendentemente dalla grandezza da misurare i multimetri digitali nel caso in cui la grandezza in ingresso vada oltre la portata dello strumento, visualizzano una I o un 1, ad indicare che si ha un out of range (o anche un overflow), ovvero si è fuori portata. Ogni strumento ha però un valore massimo per ogni grandezza da misurare oltre il quale non si può andare al fine di non danneggiare lo strumento e creare rischi per l'utilizzatore stesso, tale limite è sempre riportato nel manuale utente da leggere sempre prima di mettere in uso uno strumento. Spesso i limiti di sicurezza sono anche riportati sullo strumento stesso in prossimità delle boccole dei puntali.
Un'altra peculiarità dei multimetri digitali è quella di riconoscere automaticamente la polarità della grandezza in ingresso. Se il segnale ha una polarità diversa da quella dei puntali (rosso per + e nero per -) il multimetro indica un meno al fianco del valore visualizzato. Questa caratteristica è molto apprezzata da chi ha avuto modo di utilizzare strumenti a lancetta per i quali sbagliare polarità significa dare una "schicchera" alla lancetta verso lo 0, creando non poco stress alla stessa.
Generalmente i multimetri, siano essi analogici che digitali hanno per i puntali diverse opzioni, una per la corrente e una per la tensione. Il nero va collegato generalmente al comune (COM) mentre il positivo cambia posizione a seconda che si stia misurando una tensione/resistenza (V/?) o una corrente (A).
Nota:
L'attuale modalità di misura può cambiare da strumento a strumento. Quanto descritto rappresenta una metodologia frequentemente adottata dagli strumenti commerciali. Fare sempre riferimento al manuale utente disponibile con il multimetro di cui farete uso, al fine di accertarsi che sia possibile fare le misure come descritto in questa guida. La manutenzione dello strumento deve essere fatta sempre rispettando le precauzioni richieste per lo strumento in uso e sempre chiaramente indicate nel manuale utente.
Misura di una Tensione
La misura di tensione si differenzia in DC e AC ovvero per tensioni continue (VDC) o alternate (VAC). In entrambi i casi i puntali sono collegati rispettivamente al COM (puntale nero) e V/? (Puntale rosso).
Tensioni DC
Per effettuare misure di tensioni DC bisogna posizionare il commutatore su DCV e selezionare la portata d'interesse.
Tensioni AC
Per effettuare misure di tensioni AC bisogna posizionare il commutatore su ACV e selezionare la portata d'interesse. La tensione AC viene misurata grazie alla presenza di un raddrizzatore interno allo strumento. Il valore visualizzato dai multimetri digitali è il valore efficace del segnale in ingresso il quale deve essere sinusoidale (la tensione di rete è sinusoidale). Il valore efficace rappresenta quel valore di tensione DC equivalente che applicata ad una resistenza R unitaria genererebbe gli stessi effetti termici della tensione AC in ingresso.
Alcuni multimetri hanno l'opzione di visualizzare il valore di picco della sinusoide in ingresso piuttosto che il valore efficace. Il passaggio dal valore di picco a valore efficace è ottenuta dividendo il valore di picco per 1.41 (ovvero radice quadrata di 2).
Quando si realizza per esempio un alimentatore e si misura la tensione in uscita al trasformatore, misureremo il valore efficace della tensione. Dopo il raddrizzatore a diodi e il condensatore vedremo che la tensione in uscita non è pari al valore AC misurato ovvero quello efficace, ma pari a quello di picco della sinusoide. Quindi la tensione DC ottenuta raddrizzando e filtrando una tensione AC è pari al valore efficace AC misurato, moltiplicato per 1.41, ovvero pari al suo valore di picco.
Come spiegato in precedenza il multimetro in configurazione voltmetro deve essere collegato in parallelo al sistema sotto misura.
Frequentemente il voltmetro viene utilizzato per controllare se le batterie sono cariche, ovvero misurandone la tensione. In generale misurare la tensione di una batteria scarica o presunta scarica con un voltmetro porta quasi sempre a misure di tensioni non corrette, ovvero più alte di quelle che si hanno quando la batteria è connessa nel circuito, portando alla conclusione che la batteria sia carica quando in realtà è scarica.
Per misurare correttamente la tensione di una batteria è bene che questa sia sotto carico ovvero a circuito acceso. Questo è legato al fatto che la batteria ha una resistenza interna che aumenta con il processo di scarica, e solo facendo circolare una corrente operativa sufficiente è possibile verificare se la batteria è scarica o meno. Il multimetro impostato per la lettura di una tensione, avendo una impedenza d'inserzione alta non farebbe circolare una corrente apprezzabile nella resistenza interna alla batteria, impedendo dunque il controllo della stessa.
Misura di una Corrente
Anche nel caso della corrente è possibile avere misure di correnti in continua ed in alternata. A seconda della misura sarà necessario impostare il commutatore rispettivamente su DCA o ACA, oltre ad impostare la portata giusta. I puntali devono essere collegati rispettivamente su COM e su A.
Al fine di proteggere lo strumento i multimetri hanno al loro interno un fusibile di protezione, qualora la corrente ecceda il valore massimo dello strumento questo interrompe il circuito. Ciononostante molti multimetri hanno una posizione speciale per i puntali per cui è possibile misurare correnti di 10-20 A facendo uso di una portata non protetta da fusibile. Questa opzione senza fusibile è normalmente sempre segnalata. Vista la mancanza di protezione è bene farne uso solo se il sistema sotto misura ha una protezione per mezzo di fusibile o altro dispositivo per limitare la corrente massima.
Come spiegato in precedenza il multimetro in configurazione amperometro deve essere collegato in serie al sistema sotto misura.
Anche nel caso della corrente il valore visualizzato in misure AC rappresenta quello efficace.
Misura di una resistenza
Dopo la misura della tensione e corrente la misura della resistenza risulta certamente una delle misure che ci si trova a svolgere più frequentemente. In particolare ritorna utile nel caso in cui non ci si ricordi il codice dei colori dei resistori ma soprattutto in fase di Debug di un circuito al fine di verificare la continuità di un filo o traccia di un PCB. La misura viene effettuata posizionando i puntali su COM e V/? e posizionando il commutatore su OHM.
Dalla prima legge di ohm si ha che V=R·I, dunque si capisce che la misura di una resistenza può essere effettuata per mezzo di una lettura della tensione e della corrente. In particolare quello che viene spesso fatto è alimentare la resistenza sotto misura per mezzo di una corrente costante e nota e misurare la caduta di potenziale ai suoi capi. Il rapporto della tensione e la corrente darà il valore della resistenza cercato.
Misure di resistenze devono essere sempre fatte rimuovendo la resistenza dal circuito. La misura non deve mai essere fatta quando il circuito è alimentato altrimenti si rischia di danneggiare lo strumento. Pur potendo misurare la resistenza tra due punti su un circuito non alimentato, la misura può portare a valori errati (in particolare più bassi del valore nominale del resistore) poiché tutto quello che viene collegato in parallelo al resistore farà abbassare il valore della resistenza letta.
Quando si misurano valori di resistenze elevate dell'ordine del Kohm è bene non toccare i terminali del tester (al massimo uno) al fine di evitare di collegare il nostro corpo in parallelo alla resistenza, alterando dunque il valore letto (il corpo umano viene spesso modellizzato per mezzo di una resistenza di 10Kohm). Misure di resistenze superiori alla portata selezionata visualizzano I o 1 mentre cortocircuiti (terminali uniti) visualizzano una resistenza nulla o di pochi ohm (resistenza dei puntali).
Test dei diodi
I multimetri digitali permettono di misurare la caduta di tensione che si viene ad avere ai capi di un diodo. Questo viene ottenuto posizionando opportunamente il commutatore sulla posizione per testare i diodi (segnato dal simbolo del diodo) e i puntali come per la tensione. La misura della differenza di potenziale ai capi del diodo avviene facendo scorrere una corrente costante di pochi mA (specificata nel manuale) e misurare al tensione ai capi del diodo stesso. Dunque anche in questo caso ci si riconduce alla misura di una tensione, unica cosa misurabile con il convertitore ADC interno al nostro multimetro. Testando diodi standard al silicio (1N4004) è possibile misurare una tensione di circa 0.6V mentre misurando la caduta su diodi Schottky è possibile misurare una tensione di circa 0.4V. Per i diodi LED è possibile effettuare la stessa misura ed in particolare si misurano tensioni di circa 1.3V, tale valore differisce in base al diodo e al suo colore.
In molti tester la corrente di test può essere sufficiente ad illuminare in maniera fioca un diodo LED, questo è un semplice test che può essere fatto al fine di cercare i terminali del LED stesso e testarne il funzionamento (attenti che un LED che non si accende non necessariamente è rotto, infatti potrebbe richiedere una corrente maggiore di quella fornita dal tester, al fine di emettere luce).
Si fa notare che dal momento che il diodo è un semiconduttore polarizzato è necessario rispettare la polarità del componente. Sull'Anodo sarà necessario porre il terminale positivo del tester mentre sul Catodo (indicato dall'anello sul contenitore) bisogna porre il terminale nero. Se si inverte la polarità il tester indicherà I o 1 il che significa che la polarità dei puntali è invertita.
Tale opzione può essere utile per testare se un diodo funziona correttamente o meno o anche testare le giunzioni di un transistor, infatti se il diodo posto fuori dal circuito conduce con i puntali invertiti vuol dire che si sta comportando come un corto circuito, dunque è rotto. Viceversa se abbiamo sempre I o 1 vuol dire ancora che il diodo si è danneggiato e risulta sempre un circuito aperto (probabilmente si è spaccata la giunzione).
Spesso i multimetri, nella stessa posizione per mezzo della quale è possibile testare i diodi, possiedono la funzione di beep. Questa risulta molto utile per verificare la continuità di un circuito, avendo a disposizione un feedback acustico, piuttosto che misurare la resistenza. Il beep si ottiene quando la tensione misurata tra i due terminali è di poche decine di millivolt.
Altre misure
I tester digitali oltre alla possibilità di misurare tensioni, correnti e resistenze, offrono spesso altre tipologie di misura. Tra le principali si ricorda l'hFE dei transistor (ovvero il loro guadagno in continua), la Capacità e la Frequenza; vediamo qualche dettaglio.
hFE
L'hFE, ovvero guadagno in corrente continua del transistor, viene determinato facendo scorrere una corrente nota di base e misurando la corrente di collettore, il loro rapporto determina l'hFE (il transistor viene collegato in configurazione emettitore comune). Spesso il valore misurato è differente da quello del datasheet per due ragioni: la prima è che hFE è piuttosto variabile da transistor a transistor e l'intervallo per cui vengono venduti è piuttosto ampio. Seconda ragione è che la corrente di base utilizzata, in particolare il punto di lavoro del transistor può a sua volta causare delle differenze. Per tale ragione nei datasheet è sempre specificato il punto di lavoro, ovvero di misura del parametro tabellato. La misura del'hFE avviene inserendo il transistor in apposito zoccoletto in cui si hanno i vari nomi dei piedini (EBC) e la tipologia del transistor stesso (NPN o PNP).
Capacità
La misura di capacità ritorna generalmente utile in applicazioni di riciclo ma anche in fase di verifica e test di circuiti in cui si voglia verificare il valore effettivo di una capacità. Si pensi per esempio che Capacità elettrolitiche economiche possono avere una tolleranza sul valore nominale del 40%. La misura della capacità deve avvenire sempre con la capacità staccata dal circuito e deve essere preventivamente scaricata, qualora il tester non supporti tale funzione.
Frequenza
I tester che possiedono un contatore interno permettono la misura della frequenza. Questa funzione normalmente non permette di misurare frequenze molte alte (poche centinaia di KHz) e il numero di cifre significative è piuttosto irrisorio (3-4), ciononostante può ritornare utile per semplici misure su oscillatori astabili come per esempio quelli realizzati per mezzo dell'integrato 555.
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